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IL SITO SULLA FONOGRAFIA NAZIONALE ITALIANA
A MORTE LA CASA SAVOIA
ALLA STAZION DI MONZA
ADDIO A LUGANO
AMORE RIBELLE
CI SIAM SPEZZATI LE MANI
CHE COSA VOGLIAMO
CANTO DEGLI AFFAMATI
DIMMI BEL GIOVANE
EVVIVA PIETRO GORI E IL SUO IDEALE
E VERRA' IL Dì CHE INNALZEREM LE BARRICATE
GLI ANARCHICI NOI SIAMO DI MILANO
FIGLI DELLA PLEBE
IL GALEONE
IL FEROCE MONARCHICO BAVA
INNO DELLA RIVOLTA
INNO DELLA LIBERTA'
INNO DELL'INTERNAZIONALE (Inno della Pace)
INNO DEL PRIMO MAGGIO
INNO DEI MALFATTORI
INNO NICHILISTA
INNO INDIVIDUALISTA
INNO DELLA RIVOLUZIONE
LA COLONIA CECILIA (IL CANTO DELLA FORESTA)
LE ULTIME ORE E LA DECAPITAZIONE DI SANTE CASERIO
LA RIVOLUZIONE è COME LA RUGIADA
LA MARSIGLIESE DEL LAVORO (L'INNO DEI PEZZENTI)
NOI VOGLIAMO L'EGUAGLIANZA / NOI VOGLIAMO L'UGUAGLIANZA (?)
NOI SIAMO LA CANAGLIA PEZZENTE
MANO ALLA BOMBA
SANTE CASERIO
SACCO E VANZETTI
QUANDO L'ANARCHIA VERRà
VIVA IL NOSTRO BRESCI
VITTORIO EMANUELE FIGLIO DI UN ASSASSINO
SU MUOVIAMO ALLA BATTAGLIA
SORGIAMO
SIAM DEL POPOLO GLI ARDITI (canto anti-fascista)
SE NASCE L'ANARCHIA
8 APRILE 1887
A FABRIANO L'HAN FATTA GROSSA
ALLA MATTINA PRESTO SUONAN LE CAMPANE
BATTAN L'OTTO
CASERIO PASSEGGIAVA PER LA FRANCIA
FRATELLI PUGNAMO FORTI
ADDIO COMPAGNI ADDIO (CANTO DEI COATTI)
L'INTERROGATORIO DI CASERIO
* * * * * * * *
ALLA STAZION DI MONZA (canto anarchico - precedente al governo fascista)
(il testo si riferisce a Gaetano Bresci, l'anarchico che il 29 luglio 1900 assassinò Umberto I a Monza)
Alla stazion di Monza
arriva un tren che ronza
hanno ammazzato il re
colpito con palle tre.
* * * * * * * *
ADDIO A LUGANO
(composta da Pietro Gori in carcere nel 1895)
Addio Lugano bella o dolce terra pia
cacciati senza colpa gli anarchici van via
e partono cantando con la speranza in cuor.
E partono cantando con la speranza in cuor.
Ed è per voi sfruttati per voi lavoratori
che siamo incatenati al par dei malfattori
eppur la nostra idea è solo idea d'amor.
Eppur la nostra idea è solo idea d'amor.
Anonimi compagni, amici che restate
le verità sociali da forti propagate
è questa la vendetta che noi vi domandiam.
E questa la vendetta che noi vi domandiam.
Ma tu che ci discacci con una vil menzogna
repubblica borghese un dì ne avrai vergogna
noi oggi ti accusiamo in faccia all'avvenir.
Noi oggi ti accusiamo in faccia all'avvenir.
Cacciati senza tregua andrem di terra in terra
a predicar la pace ed a bandir la guerra
la pace tra gli oppressi, la guerra agli oppressor.
La pace tra gli oppressi la guerra agli oppressor.
Elvezia il tuo governo schiavo d'altrui si rende
d'un popolo gagliardo le tradizioni offende
e insulta la leggenda del tuo Guglielmo Tell.
E insulta la leggenda del tuo Guglielmo Tell.
Addio cari compagni amici luganesi
addio bianche di neve montagne ticinesi
i cavalieri erranti son trascinati al nord.
I cavalieri erranti son trascinati al nord.
(Vittorio Emanuele, figlio di un assassino
Evviva Gaetano Bresci che uccise Umberto I)
* * * * * * * *
AMORE RIBELLE
(composta da Pietro Gori)
All'amor tuo fanciulla
Altro amor io preferìa
E' un ideal l'amante mia
A cui detti braccio e cor.
Il mio cuore aborre e sfida
I potenti della terra
Il mio braccio muove guerra
Al codardo e all'oppressor.
Perché amiamo l'uguaglianza
Ci han chiamati malfattori
Ma noi siam lavoratori
Che padroni non vogliam.
Dei ribelli sventoliamo
Le bandiere insanguinate
E innalziam le barricate
Per la vera libertà.
Se tu vuoi fanciulla cara
Noi lassù combatteremo
E nel dì che vinceremo
Braccio e cor ti donerò.
Se tu vuoi fanciulla cara
Noi lassù combatteremo
E nel dì che vinceremo
Braccio e cor ti donerò.
* * * * * * * *
CI SIAM SPEZZATI LE MANI
(composta da Leoncarlo Settimelli)
Guardate quelle sue mani larghe ma vuote di fatti, guardate dentro i suoi occhi pieni di sole parole, pieni di sole parole. Gli anni migliori ha passato ad imparar che il coraggio non sempre porta vantaggio, è sempre meglio aspettare, è sempre meglio aspettare. Ci siam spezzati le mani a coltivare dei fiori, ad innalzare cartelli, a predicare l'amore. C'era una donna e gli disse: «Vieni, conosco la strada, però ci vuole coraggio e non ti devi fermare, e non ti devi fermare». E incominciò a camminare, però era lunga la strada e quando indietro ha guardato era rimasto già solo, era rimasto già solo. Ci siam spezzati le mani a coltivare dei fiori, ad innalzare cartelli, a predicare l'amore. C'era un'idea, gli diceva: «Vai, tu conosci la strada, però ci vuole coraggio e non ti devi fermare, e non ti devi fermare». A camminare ha provato, gli son mancate le forze e quando avanti ha guardato si è ritrovato già vecchio, si è ritrovato già vecchio. Ci siam spezzati le mani a coltivare dei fiori, ad innalzare cartelli, a predicare l'amore.
* * * * * * * *
CHE COSA VOGLIAMO
Noi siamo da secoli calpesti e derisi
perchè siam pecore, perchè siam divisi
ma un giorno, sia presto, faremo l'unione
allora i padroni avran da pensar
Giuriam giuriam, padron non ne vogliamo
Vogliamo la pace, la scienza, il lavoro
La grande famiglia dell'umanità
Non più vagabondi che sfrutta con loro
la razza dei ladri dispersa sarà
Vogliamo che la terra sia patria di tutti
che chi lavora raccolga i suoi frutti
E noi dai signori siam sempre sfruttati
ci han sempre rubato il nostro sudor
Giuriam giuriam, padron non ne vogliamo
Vogliamo la pace, la scienza, il lavoro
La grande famiglia dell'umanità
Non più vagabondi che sfrutta con loro
la razza dei ladri dispersa sarà
* * * * * * * *
CANTO DEGLI AFFAMATI
Morti di fame morti di stenti voi che dei ricchi l'orgia insultò sorgete o vittime dei prepotenti de la riscossa l'ora suonò. Marciamo impavidi contro i vigliacchi che ci rubano sangue e sudor. Ossa spolpate nel gran festino ci contentammo di rosicchiar sorgiamo o Lazzari noi pure il vino noi pur l'ebbrezza vogliam gustar. Marciamo impavidi contro i vigliacchi che ci rubano sangue e sudor. Pria di sentirci sfatti sfiniti per i digiuni per il soffrir suvvia scagliamoci sui parassiti meglio è di piombo tosto perir. Marciamo impavidi contro i vigliacchi che ci rubano sangue e sudor. Rullate o stinchi dei nostri morti sopra i tamburi l'inno feral o d'affamati torve coorti pel pan si muoia per l'ideal. Marciamo impavidi contro i vigliacchi che ci rubano sangue e sudor.
* * * * * * * *
DIMMI BEL GIOVANE
Dimmi bel giovane onesto e biondo dimmi la patria tua qual'è tua qual'è Adoro il popolo la mia patria è il mondo il pensier libero è la mia fe' è la mia fe' La casa è di chi l'abita è un vile chi lo ignora il tempo è dei filosofi il tempo è dei filosofi La casa è di chi l'abita è un vile chi lo ignora il tempo è dei filosofi la terrà è di chi la lavora. Addio mia bella casetta addio madre amatissima e genitor e genitor Io pugno intrepido per la comune come Leonida saprò morir saprò morir La casa è di chi l'abita è un vile chi lo ignora il tempo è dei filosofi il tempo è dei filosofi La casa è di chi l'abita è un vile chi lo ignora il tempo è dei filosofi la terrà è di chi la lavora.
* * * * * * * *
EVVIVA PIETRO GORI E IL SUO IDEALE (epoca ventennio fascista)
Evviva Pietro Gori e il suo ideale e abbasso a quell'infame o borghesia. Evviva la rivoluzione sociale e abbasso al fascio e viva l'anarchia.
* * * * * * * *
E VERRA' IL Dì CHE INNALZEREM LE BARRICATE
Prona la fronte sotto il peso del
lavoro
piegato a corda è lo scudiscio del potente
purchè la gioia dia a chi vive nell'oro
senza dimani il lavorator morente.
Siam nel dolore di un schiavitù tiranna
uniti insieme da sacramental promessa
sulla terra del duol, tutti pronti a morir
alla luce del sol.
In questa notte
di tenebre secolari
il nero drappo
sventola su un carro di fuoco
E redentrice
una marcia, sian proletari
l'anarchica gloria
alla nuova umanità.
E verrà il dì che innalzerem le barricate
e tu borghese salirai alla ghigliottina
per quanto fosti sordo alle stremate
grida di chi morìa nell'officina
Pei nostri figli fino all'ultimo momento
contro te vile borghesia combatteremo
su da forti pugnam
per la lotta final
l'Anarchia salutiam.
In questa notte
di tenebre secolari
il nero drappo
sventola su un carro di fuoco
E redentrice
una marcia, sian proletari
l'anarchica gloria
alla nuova umanità.
E verrà il dì che innalzerem le barricate
e tu borghese salirai alla ghigliottina
per quanto fosti sordo alle stremate
grida di chi morìa nell'officina
Pei nostri figli fino all'ultimo momento
contro te vile borghesia combatteremo
su da forti pugnam
per la lotta final
l'Anarchia salutiam.
In questa notte
di tenebre secolari
il nero drappo
sventola su un carro di fuoco
E redentrice
una marcia, sian proletari
l'anarchica gloria
alla nuova umanità.
* * * * * * * *
GLI ANARCHICI NOI SIAMO DI MILANO
Gli anarchici noi siamo di Milano E dei borghesi non abbiam paura Fanno gli arditi con le bombe a mano Carabinieri e guardie di questura Ma noi abbiamo forze unite Il pensier la dinamite Ed il pugnale La fiamma agitiam di un'ideale Gli anarchici non hanno guerreggiato Per gli interessi della borghesia Oltre i confini abbiamo disertato Sfidando la più atroce tirannia Troppi estranei in un conflitto Tra la forza ed il diritto E le frontiere Vogliamo unire tutte le bandiere Per la bandiera nostra in ogni terra Noi lotteremo con nuova energia Abbiam da rinnovar la nostra guerra E vincerla nel nome dell'anarchia Urlerà la dinamite Getterem le nostre vite Farem sul serio L'esempio ce lo dan Bresci e Caserio La nostra storia è storia di vendetta Contro una classe rea di ogni delitto Contro una società ch'è maledetta Alla vita ha negato ogni diritto Seminando la tempesta Rugge già sulla sua testa Il gran ciclone Che si chiama sociale rivoluzione Hanno versato il sangue a fiotti a rivi Per questa infame guerra della morte Molti soldati son restati vivi Di ribellione la massa più forte Bomba a mano dinamite Banclastite balistite Farem la festa Che ad ogni mal taglierà la testa
* * * * * * * *
FIGLI DELLA PLEBE
O figli oppressi di plebe in catena Tanta ingiustizia dovrà ben finir Se nostra vita è un calvario di pena Anziché schiavi è più fiero morir Gli eroi borghesi ai superbi agli avari Che mal dispregian l'umanità Saran dispersi da noi libertari All'alto grido di libertà Vessillo ner non più soffrir Lo sfruttamento si danni a perir Popolo in piè per l'ideal Al grido di rivoluzion social Vendetta ognor dobbiam voler solo l'union la potrà ottenere vessillo ner trionferà e il vil borghese morrà morrà Se in petto un cuor all'unisono batte per una causa d'amore e di ben se con ardore e con fe' si combatte della vittoria la palma otterrem O proletario la vil borghesia dovrai sfidar con dignità dovrai dei ricchi troncar m la lor malvagia avidità Vessillo ner non più soffrir Lo sfruttamento si danni a perir Popolo in piè per l'ideal Al grido di rivoluzion social Vendetta ognor dobbiam voler solo l'union la potrà ottenere vessillo ner trionferà e il vil borghese morrà morrà
* * * * * * * *
IL GALEONE
Siamo la ciurma anemica d'una galera infame su cui ratta la morte miete per lenta fame. Mai orizzonti limpidi schiude la nostra aurora e sulla tolda squallida urla la scolta ognora. I nostri dì si involano fra fetide carene siam magri smunti schiavi stretti in ferro catene. Sorge sul mar la luna ruotan le stelle in cielo ma sulle nostre luci steso è un funereo velo. Torme di schiavi adusti chini a gemer sul remo spezziam queste catene o chini a remar morremo! Cos'è gementi schiavi questo remar remare? Meglio morir tra i flutti sul biancheggiar del mare. Remiam finché la nave si schianti sui frangenti alte le rossonere fra il sibilar dei venti! E sia pietosa coltrice l'onda spumosa e ria ma sorga un dì sui martiri il sol dell'anarchia. Su schiavi all'armi all'armi! L'onda gorgoglia e sale tuoni baleni e fulmini sul galeon fatale. Su schiavi all'armi all'armi! Pugnam col braccio forte! Giuriam giuriam giustizia! O libertà o morte! Giuriam giuriam giustizia! O libertà o morte!
* * * * * * * *
IL FEROCE MONARCHICO BAVA
(Canzone nata in occasione dei tumulti di Milano del 1898)
Alle grida strazianti e dolenti
Di una folla che pan domandava,
Il feroce monarchico Bava
Gli affamati col piombo sfamò.
Furon mille i caduti innocenti
Sotto il fuoco degli armati caini
E al furor dei soldati assassini:
"Morte ai vili!", la plebe gridò.
Deh, non rider, sabauda marmaglia:
Se il fucile ha domato i ribelli,
Se i fratelli hanno ucciso i fratelli,
Sul tuo capo quel sangue cadrà.
La panciuta caterva dei ladri,
Dopo avervi ogni bene usurpato,
La lor sete ha di sangue saziato
In quel giorno nefasto e feral.
Su, piangete mestissime madri,
Quando scura discende la sera,
Per i figli gettati in galera,
In quel giorno nefasto e feral.
Su, piangete mestissime madri,
Quando scura discende la sera,
Per i figli gettati in galera,
Per gli uccisi dal piombo fatal.
* * * * * * * *
INNO DELLA RIVOLTA
(composto da Luigi Molinari nel 1904)
Nel fosco fin del secolo morente,
sull'orizzonte cupo e desolato,
già spunta l'alba minacciosamente
del dì fatato.
Urlan l'odio, la fame ed il dolore
da mille e mille facce ischeletrit
ed urla col suo schianto redentore
la dinamite.
Siam pronti e dal selciato d'ogni via,
spettri macàbri del momento estremo,
sul labbro il nome santo d'Anarchia,
Insorgeremo.
Per le vittime tutte invendicate,
là nel fragor dell'epico rimbombo,
compenseremo sulle barricate
piombo con piombo.
E noi cadrem in un fulgor di gloria,
schiudendo all'avvenir novella via:
dal sangue spunterà la nuova istoria
de l'Anarchia
* * * * * * * *
INNO DELLA LIBERTA'
(composto nel 1893)
Le plebi sotto il giogo del borghese
Languendo stan
Le plebi sotto il giogo del borghese
Languendo stan
Da fame stenti da pellagra offese
Morendo van
Da fame stenti da pellagra offese
Morendo van
Ma delle smorte plebi unite a un patto
Il dì verrà
Ma delle smorte plebi unite a un
patto
Il dì verrà
Ma il dì solenne e grande del riscatto
Presto verrà
Ma il dì solenne e grande del
riscatto
Presto verrà
Su compagni liberi sorgiam
Su compagni su la fronte alziam
Già splende il Sol dell'avvenir
Già splende il Sol dell'avvenir
Di pace e libertà glorioso il Sol risplenderà
Di pace e libertà glorioso il Sol risplenderà
Ci succhian senza posa quei signori
Sangue e sudor
Chi più non ha nè sangue nè sudori
Non fa per lor
Ma delle smorti plebi unite a un patto
Il dì verrà
Ma il dì solenne e grande del riscatto
Presto verrà
Su compagni liberi sorgiam
Su compagni su la fronte alziam
Già splende il Sol dell'avvenir
Già splende il Sol dell'avvenir
Di pace e libertà glorioso il Sol risplenderà
Di pace e libertà glorioso il Sol risplenderà
* * * * * * * *
INNO DELL'INTERNAZIONALE (Inno della Pace)
(da cantarsi sull'aria della ''Marsigliese'' -testo di Stanislao Alberici Giannini, anno 1877)
Su leviamo alta la fronte
o curvati dal lavoro
già sul culmine del monte
splende il sol dell'avvenir.
Splende il sol dell'avvenir.
I superbi eroi dell'oro
i pastori d'ogni greggia
sia nel tempio o nella reggia
fa quell'astro impallidir.
Pace pace al tugurio del povero
guerra guerra ai palagi e alle chiese
non sia scampo all'odiato borghese
che alla fame agli stracci insultò.
I signori ci han rubato
il sudor dei nostri padri
le sorelle ci han stuprato
ogni gioia ci rapir.
ogni gioia ci rapir.
Ma un sol grido: morte ai ladri
sia dal campo all'officina
non più leggi di rapina
non più l'onta del servir.
Pace pace al tugurio del povero
guerra guerra ai palagi e alle chiese
non sia scampo all'odiato borghese
che alla fame agli stracci insultò.
Sotto vel di patrio amore
gittan l'odio tra fratelli
ma dovunque è un oppressore
un fratello oppresso sta.
un fratello oppresso sta.
Nostro è il mondo e di novelli
a noi sacri un patto adduce
e quel patto e vita e luce
fratellanza e libertà.
Pace pace al tugurio del povero
guerra guerra ai palagi e alle chiese
non sia scampo all'odiato borghese
che alla fame agli stracci insultò.
O giustizia nostra speme
il tuo regno affretta affretta
è da secoli che geme
la percossa umanità.
la percossa umanità.
Ma nel dì della vendetta
questa plebe ognor tradita
come belva inferocita
da ogni lato insorgerà.
Pace pace al tugurio del povero
guerra guerra ai palagi e alle chiese
non sia scampo all'odiato borghese
che alla fame agli stracci insultò.
* * * * * * * *
INNO DEL PRIMO MAGGIO
(nota: il primo maggio è la festa dei lavoratori)
(sull'aria del 'Nabucco' di Giuseppe Verdi -testo di Pietro Gori,
Vieni o Maggio t'aspettan le genti
ti salutano i liberi cuori
dolce Pasqua dei lavoratori
vieni e splendi alla gloria del sol
Squilli un inno di alate speranze
al gran verde che il frutto matura
a la vasta ideal fioritura
in cui freme il lucente avvenir
Disertate o falangi di schiavi
dai cantieri da l'arse officine
via dai campi su da le marine
tregua tregua all'eterno sudor!
Innalziamo le mani incallite
e sian fascio di forze fecondo
noi vogliamo redimere il mondo
dai tiranni de l'ozio e de l'or
Giovinezze dolori ideali
primavere dal fascino arcano
verde maggio del genere umano
date ai petti il coraggio e la fè
Date fiori ai ribelli caduti
collo sguardo rivolto all'aurora
al gagliardo che lotta e lavora
al veggente poeta che muor!
* * * * * * * *
INNO DEI MALFATTORI
(composto da Attilio Panizza nel 1892)
Ai gridi ed ai lamenti di noi plebe tradita, la lega dei potenti si scosse impaurita; e prenci e magistrati gridaron coi signori che siam degli arrabbiati, dei rudi malfattori! Folli non siam né tristi né bruti né birbanti, ma siam degli anarchisti pel bene militanti; al giusto, al ver mirando strugger cerchiam gli errori, perciò ci han messo la bando col dirci malfattori! Deh t'affretta a sorgere o sol dell'avvenir: vivere vogliam liberi, non vogliam più servir. Noi del lavor siam figli e col lavor concordi, sfuggir vogliam gli artigli dei vil padroni ingordi, che il pane han trafugato a noi lavoratori, e poscia han proclamato che siam dei malfattori! Natura, comun madre, a niun nega i suoi frutti, e caste ingorde e ladre ruban quel ch'è di tutti. Che in comun si viva, si goda e si lavori! tal è l'aspettativa ch'abbiam noi malfattori! Deh t'affretta a sorgere o sol dell'avvenir: vivere vogliam liberi, non vogliam più servir. Chi sparge l'impostura avvolto in nera veste, chi nega la natura sfuggiam come la peste; sprezziam gli dei del cielo e i falsi lor cultori, del ver squarciamo il velo, perciò siam malfattori! Amor ritiene uniti gli affetti naturali, e non domanda riti né lacci coniugali; noi dai profan mercati distor vogliam gli amori, e sindaci e curati ci chiaman malfattori! Deh t'affretta a sorgere o sol dell'avvenir: vivere vogliam liberi, non vogliam più servir. Divise hanno con frodi città, popoli e terre, da ciò gli ingiusti odi che generan le guerre; noi, che seguendo il vero, gridiamo a tutti i cori che patria è il mondo intero, ci chiaman malfattori! Leggi dannose e grame di frodi alti strumenti secondan sol le brame dei ricchi prepotenti; dàn pane a chi lavora, onor a sfruttatori, conferman poscia ancora che siam dei malfattori! Deh t'affretta a sorgere o sol dell'avvenir: vivere vogliam liberi, non vogliam più servir.
La chiesa e lo stato, l'ingorda borghesia contendono al creato di libertà la via; ma presto i dì verranno che papa, re e signori coi birri lor cadranno per man dei malfattori! Allor vedremo sorgere il sol dell'avvenir, in pace potrem vivere e in libertà gioir!
* * * * * * * *
INNO NICHILISTA
Noi siam come l'aria che tutto
circonda
noi siam come il sol che penetra inonda
non visti qual dio potenti qual re.
Ci è culla ci è patria ci è tomba la terra
viviam per la lotta viviam per la guerra
abbiamo nel nulla riposta ogni fé.
Strisciam come serpi quai falchi voliamo
or siam de' pigmei giganti ora siamo
abbiam mille braccia legate a un voler.
A cento si cade si sorge a milioni
per noi non son ceppi non sono prigioni
muor l'uom nella pugna ne resta il pensier.
Dal Caucaso a Tobolsk da Kiev all'Onèga
vi è un popol che piange che impreca che prega
che vuol la sua Patria che vuol Libertà.
Sia morte a colui che il popolo opprime
all'uomo sia gloria che il popol redime
giuriamo vendetta vendetta sarà.
Né l'aule regali di mezzo agli armati
in grembo alla madre ne' tempii sacrati
tra feste e splendori per terra e per mar.
Sapremo seguirlo e finirlo lo faremo
il diritto ne guida corriam vinceremo!
È dolce morendo la Russia salvar.
Noi siam come l'aria che tutto circonda
noi siam come il sole che penetra inonda
non visti qual dio potenti qual re.
Ci è culla ci è patria ci è tomba la terra
viviam per la lotta viviam per la guerra
abbiamo nel nulla riposta ogni fé.
* * * * * * * *
INNO INDIVIDUALISTA
Pria di morir sul fango della via,
imiteremo Bresci e Ravachol;
chi stende a te la mano, o borghesia,
è un uomo indegno di guardare il sol.
Le macchine stridenti dilaniano i pezzenti
e pallide e piangenti stan le spose ognor,
restano i campi incolti e i minator sepolti
e gli operai travolti da omicidio ognor.
E a chi non soccombe si schiudan le tombe,
s'apprestin le bombe, s'affili il pugnal.
È l'azione l'ideal!
Francia all'erta, sulla ghigliottina,
tronca il capo a chi punirla vuol;
Spagna vil garrotta ed assassina;
fucila Italia chi tremar non suol.
In America impiccati, in Africa sgozzati,
in Spagna torturati a Montjuich ognor;
ma la razza trista del signor teppista
l'individualista sa colpir ancor.
E a chi non soccombe si schiudan le tombe,
s'apprestin le bombe, s'affili il pugnal.
È l'azione l'ideal!
Finché siam gregge, è giusto che ci sia
cricca social per leggi decretar;
finché non splende il sol dell'anarchia
vedremo sempre il popol trucidar.
Sbirri, inorridite, se la dinamite
voi scrosciare udite contro l'oppressor;
abbiamo contro tutti, sbirri e farabutti,
e uno contro tutti noi li sperderem.
E a chi non soccombe si schiudan le tombe,
s'apprestin le bombe, s'affili il pugnal.
È l'azione l'ideal!
* * * * * * * *
INNO DELLA RIVOLUZIONE
Presto all'armi o fratelli chiamiamo
a compir la tremenda vendetta
questa gente affamata che aspetta
della lotta suprema il segnal.
Dei reietti il vessillo innalziamo
la bandiera color di sangue
ed il popol che soffre e che langue
scenderà ne la pugna mortal.
I borghesi i regnanti ed i preti
con le ciarle bendaronci gli occhi
noi tremanti piegammo i ginocchi
e per loro sgozzammo il fratel.
Ora basta non stiam più queti
sotto il peso di tanta vergogna
non più muti subiamo la gogna
de l'infamia lo scherno crudel.
Ora basta le messi e le terre
i palagi son nostri e le reggie
non vogliamo più essere un greggie
di codardi dannati a soffrir.
Siam milioni la forza siam noi
né mancar ci potrà la vittoria
ove manchi - la forca e la gloria
per i forti che sanno morir.
Su da forti spezziam le catene
che ci avvinsero i polsi tanti anni
sol lo schiavo che teme i tiranni
non è degno d'aver libertà.
Ai borghesi diremo: per voi
di noi stessi ci femmo assassini
del fratello noi fummo i Caini
ma or siam stanchi di tanta viltà.
Da le valli dai monti dal mare
scenda venga la santa canaglia
l'affamato che muor sulla paglia
la venduta donzella e l'artier.
Implacata discenda a spezzare
le barriere di tanti dolori
distruggendo governi e signori
oppressori del corpo e pensier.
* * * * * * * *
LA COLONIA CECILIA (IL CANTO DELLA FORESTA)
L'eco delle foreste
dalle città insorte al nostro grido
Or di vendetta sì, ora di morte
liberiamoci dal nemico.
All'erta compagni dall'animo forte
più non ci turbino il dolore e la morte
All'erta compagni, formiamo l'unione
evviva evviva la rivoluzione.
Ti lascio Italia, terra di ladri
coi miei compagni vado in esilio
e tutti uniti, a lavorare
e formeremo una colonia sociale.
E tu borghese, ne paghi il fio
tutto precipita, re patria e dio
e l'Anarchia forte e gloriosa
e vittoriosa trionferà,
sì sì trionferà la nostra causa
e noi godremo dei diritti sociali
saremo liberi, saremo uguali
la nostra idea trionferà.
* * * * * * * *
LE ULTIME ORE E LA DECAPITAZIONE DI SANTE CASERIO
(Sante Caserio fu ghigliottinato per aver pugnalato Sadi Carnot, presidente della Repubblica Francese)
(composta da P.Cini)
Il sedici di agosto, sul far della
mattina,
Il boia avea disposto l'orrenda ghigliottina,
Mentre Caserio dormiva ancor
Senza pensare al triste orror.
Entran nella prigione direttore e prefetto,
Con voce di emozione svegliarono il giovinetto;
Disse svegliandosi: "Che cosa c'è?".
"è giunta l'ora, alzatevi in piè".
Udita la notizia si cambiò nell'istante,
Veduta la giustizia stupì tutto tremante;
Il chieser: "Prima di andare a morir,
Dite se avete nulla da dir".
Così disse al prefetto: "Allor ch'io morto sia,
Prego, questo biglietto date alla madre mia;
Posso fidarmi che lei lo avrà ?
Mi raccomando per carità .
Altro non ho da dire: schiudetemi le porte,
Finito è il mio soffrire, via datemi la morte;
E tu, mia madre, dai fine al duol
E datti pace del tuo figliuol".
Poi con precauzione dal boia fu legato
E in piazza di Lione fu quindi trasportato
E spinto a forza il capo entrò
Nella mannaia che lo troncò.
Spettacolo di gioia la Francia manifesta,
Gridando: "Evviva il boia che gli tagliò la testa!"
Gente tiranna e senza cuor,
Chi sprezza e ride l'altrui dolor.
Allor che n'ebbe avviso l'amata genitrice,
Le lacrime nel viso scorreano all'infelice;
Era contenta la madre almen
Pria di morire stringerlo al sen.
L'orribile dolore le fè bagnare il ciglio,
Pensar solo al terrore che li piombò nel figlio;
Misera madre, quanto soffrì
Quando tal nuova del figlio udì!
Io pregherò l'Eterno, o figlio sventurato,
Che dal tremendo averno ti faccia liberato;
Così, pregando con forte zel,
L'alma divisa ritorni in ciel!
* * * * * * * *
LA RIVOLUZIONE è COME LA RUGIADA
La rivoluzione è come la rugiada
Che fa le sementi diventare piante
E agli alberi conserva foglie verdi.
La rivoluzione fa i poveri prosperare
E li fa essere felici.
La rivoluzione dà agli uomini
Il meglio del lavoro
E guadagnare il merito
D'apprendere a leggere
E a curarsi.
La rivoluzione è la luce degli oppressi,
È la voce dei poveri.
* * * * * * * *
LA MARSIGLIESE DEL LAVORO (L'INNO DEI PEZZENTI)
(composta da Carlo Monticelli nel 1896)
Noi siamo i poveri siamo i pezzenti
la sporca plebe di questa età
la schiera innumere dei sofferenti
per cui la vita gioie non ha.
Nel crudo inverno la nostra prole
per lunga inedia languir vediam
solo pei ricchi risplende il sole.
Mentre essi esultano noi fame abbiam.
Per natura tutti eguali
vi è diritti sulla terra.
E noi faremo un'aspra guerra
ai ladroni sfruttator.
Non sia pace tra i mortali
finchè un uom' sovr'altro imperi
i nemici a noi più fieri
sono i nostri sfruttator
Triste spettacolo le nostre donne
per noi primizie non hanno d'amor
ancora impuberi sciolgon le gonne
si danno in braccio a lor signor.
Son nostre figlie le prostitute
che muoion tisiche negli ospedal
le disgraziate si son vendute
per una cena o per un grembial.
Per natura tutti eguali
vi è diritti sulla terra.
E noi faremo un'aspra guerra
ai ladroni sfruttator.
Di patria al nome talor sospinti
contro altri popoli noi si pugnò
ma vincitori fossimo vinti
la sorte nostra mai non mutò.
Tedesco o italico se v'ha padrone
il sangue nostro vuole succhiar
la patria italica è un'irrisione
se ancora il basto ci fa portar.
Per natura tutti eguali
vi è diritti sulla terra.
E noi faremo un'aspra guerra
ai ladroni sfruttator.
Nelle officine sui monti e i piani
nelle miniere sudiam sodiam
ma delle nostre fatiche immani
il frutto intiero non raccogliam.
Poi fatti vecchi veniam rinchiusi
dentro un ricovero di carità
e sul berretto di noi reclusi
bollano i ricchi la lor pietà.
Per natura tutti eguali
vi è diritti sulla terra.
E noi faremo un'aspra guerra
ai ladroni sfruttator.
Ma se sperare non è utopia
nella giustizia dell'avvenir
il privilegio di tirannia
e turpe regno dovrà finir!
Le nostre lacrime, gli stenti, l'onte
le grandi ambasce sparir dovran
noi già leviamo alta la fronte
per salutar l'astro lontan.
Per natura tutti eguali
vi è diritti sulla terra.
E noi faremo un'aspra guerra
ai ladroni sfruttator.
* * * * * * * *
NOI VOGLIAMO L'EGUAGLIANZA / NOI VOGLIAMO L'UGUAGLIANZA (?)
Noi vogliamo l'uguaglianza,
Siam chiamati malfattori
Ma noi siam lavoratori
che padroni non vogliamo.
E giù la schiavitù,
Vogliam la libertà,
Siamo lavoratori,
Siamo lavoratori.
E giù la schiavitù,
Vogliam la libertà,
Siamo lavoratori,
Vogliamo la libertà!
* * * * * * * *
NOI SIAMO LA CANAGLIA PEZZENTE
Chi siamo noi?!
Noi non siam la canaglia pezzente:
noi siamo chi suda e lavora,
cessiam di soffrire ch'è l'ora,
cessiam di soffrire ch'è l'ora!
Ai giorni del nostro sudore,
Giustizia vedrà di cambiare
svestiam le sublimi catene
sorgiamo che giunta è la fin!
Sorgiamo che giunta è la fin!
* * * * * * * *
MANO ALLA BOMBA
Su mano alla bomba che scoppi
mitraglia
Disponi i petardi e impugna le Star
Si propaga l'idea rivoluzionaria
La gran libertaria che i ceppi spezzò
Presto anarchici accorriamo
A pugnar per la vittoria od il morire
Con petrolio e dinamite
Ogni classe ed il governo a disfar e debellar
à ora che spenta sia la dittatura
Vergogna e tortura del mondo civil
Non più militari ne classi borghese
Su fuoco alle chiese e abbasso il poter
Presto anarchici accorriamo
A pugnar per la vittoria od il morire
Con petrolio e dinamite
Ogni classe ed il governo a disfar e debellar
* * * * * * * *
SANTE CASERIO
(musica di A.Capponi (?) - testo di Pietro Gori, anno 1894)
(Sante Caserio fu ghigliottinato per aver pugnalato Sadi Carnot, presidente della Repubblica Francese)
Lavoratori a voi diretto è il canto
di questa mia canzon che sa di pianto
e che ricorda un baldo giovin forte
che per amor di voi sfidò la morte.
A te, Caserio, ardea nella pupilla
de le vendette umane la scintilla,
ed alla plebe che lavora e geme
donasti ogni tuo affetto, ogni tua speme.
Eri nello splendore della vita,
e non vedesti che notte infinita;
la notte dei dolori e della fame,
che incombe sull'immenso uman carname.
E ti levasti in atto di dolore,
d'ignoti strazi altero vendicatore;
e t'avventasti, tu si buono e mite,
a scuoter l'alme schiave ed avvilite.
Tremarono i potenti all'atto fiero,
e nuove insidie tesero al pensiero;
e il popolo cui l'anima donasti
non ti comprese, e pur tu non piegasti.
E i tuoi vent'anni, una feral mattina
gettasti al mondo dalla ghigliottina,
al mondo villa tua grand'alma pia,
alto gridando: «Viva l'Anarchia!».
Ma il dì s'appressa, o bel ghigliottinato,
che il tuo nome verrà purificato,
quando sacre saranno le vite umane
e diritto d'ognun la scienza e il pane.
Dormi, Caserio, entro la fredda terra
donde ruggire udrai la final guerra,
la gran battaglia contro gli oppressori
la pugna tra sfruttati e sfruttatori.
Voi che la vita e l'avvenir fatale
ofriste su l'altar dell'ideale
o falangi di morti sul lavoro,
vittime de l'altrui ozio e dell'oro,
martiri ignoti o sciera benedetta,
già spunta il giorno della gran vendetta,
de la giustizia già si leva ilsole;
il popolo tiranni più non vuole.
* * * * * * * *
SACCO E VANZETTI
(Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti erano 2 anarchici emigrati negli Usa, condannati ingiustamente alla pena di morte)
Il ventidue d'agosto
a Boston in America
Sacco e Vanzetti
sopra la sedia elettrica
e con un colpo
di elettricità
all'altro mondo
li vollero mandar.
Circa le undici e mezzo
giudici e la gran corte
entran poi tutti quanti
nella cella della morte
«Saccei e Vanzetti
state a sentir
dite se avete
da raccontar».
Sacco e Vanzetti
tranquilli e sereni
«Noi siamo innocenti
aprite le galere».
E Ior risposero
«Non c'è pietà
voi alla morte
dovete andar».
Entra poi nella cella
il bravo confessore
domanda a tutti e due
la santa religione.
Sacco e Vanzetti
con grande espressione
«Noi moriremo
senza religion».
E tutto il mondo intero
reclama la loro innocenza
ma il presidente Fuller
non ebbe più clemenza
«Siano pure
di qualunque nazion
noi li uccidiamo
con gran ragion».
«Addio moglie e figlio
a te sorella cara.
E noi per tutti e due
c'è pronta già la bara.
Addio amici,
in cuor la fe',
viva l'Italia
e abbasso il re.
Addio amici,
in cuor la fe',
viva l'Italia
e abbasso il re.
* * * * * * * *
QUANDO L'ANARCHIA VERRà
(composto da Sante Ferrini)
Quando l'anarchia verrà
tutto il mondo sarà trasformato
e nei governi sarà
il ricordo d'infame passato.
L'aborrito confin sparirà
così pure preti e soldati
e nel mondo sol resterà
l'ideale in cui siamo animati.
E allor
nel cuor
pensando all'avvenire
cesserà
lo strazio ed il soffrire
* * * * * * * *
VIVA IL NOSTRO BRESCI
(Gaetano Bresci fu l'anarchico che il 29 luglio 1900 assassinò Umberto I a Monza)
Viva, viva il nostro Bresci,
stato quello che lo ha ucciso
e noi gridiamo sul suo viso:
viva, viva la libertà!
Sulla punta di quello stile
c'eran scritte tre paroline:
vogliamo morto Umberto primo
e vogliamo la libertà.
* * * * * * * *
VITTORIO EMANUELE FIGLIO DI UN ASSASSINO
(sull'aria di ''Addio Lugano bella)
(Gaetano Bresci fu l'anarchico che il 29 luglio 1900 assassinò Umberto I a Monza)
Vittorio Emanuele
figlio di un assassino.
Evviva Gaetano Bresci
che ha ucciso Umberto Primo.
È questa la vendetta
che gli anarchici san far.
È questa la vendetta
che gli anarchici san far.
* * * * * * * *
SU MUOVIAMO ALLA BATTAGLIA
Su leviamo il canto e il braccio
contro i vili ed i tiranni
non più leggi non più inganni
di una vecchia società.
La risaia, la miniera
l'officina, il campo e il mare
ci hanno visto a faticare
per l'altrui felicità.
Su moviamo alla battaglia
dobbiam vincere o morire
su moviamo, santa canaglia
inneggiando all'avvenir.
I signori ci han promesso
miti leggi ed equo affetto
ed i preti ci hanno detto
che ci aspetta un gaudio in ciel.
Ma frattanto questa terra
di noi poveri è l'inferno
sol pei ricchi gaudio eterno
della vita e dell'aver.
Su moviamo alla battaglia
dobbiam vincere o morire
su moviamo, santa canaglia
inneggiando all'avvenir.
Quest'infame borghesia
sino ad or ci ha calunniato,
ci ha deriso, ci ha chiamato
pochi e tristi malfattor.
Noi l'insulto l'abbiam raccolto
ne abbiam fatto una bandiera
il vessillo per la schiera
dei novelli malfattor.
Siamo anarchici e siam molti,
e la vostra infame legge
non ci doma né corregge
né ci desta alcun timor.
Su moviamo alla battaglia
dobbiam vincere o morire
su moviamo, santa canaglia
inneggiando all'avvenir.
Guerra dunque, guerra sia
già la pace ci fu bandita
nulla restaci e la vita
la doniamo all'ideal.
L'ideal per cui pugnamo
non lo ferma i vostri orrori
siam ribelli, forti siamo
il terror degli oppressor.
Su moviamo alla battaglia
dobbiam vincere o morire
su moviamo, santa canaglia
inneggiando all'avvenir.
* * * * * * * *
SORGIAMO
Schiavo secolar pari a del selvaggio
che alla fame ognor ti forza l'oppressor
la sorte lieta sta nel tuo coraggio
non più mendicanti non più sfruttator
Il bingo fannullon non vuol capir ragion
cavazza col sudor frutto del tuo lavor
Morte ai ladron, non vogliam più padron
perchè non han pietà dell'umanità
Sorgiam, sorgiam, sorgiamo!
Orsù lavorator, che spunta già l'albor
il dritto affermiamo all'esistenza
e dell'avvenir il sole splenderà
d'indipendenza!
Se uniti noi sarem, da forti pugnerem
la vile tirannia disperderem'
corriamo ad espugnar' i troni e gli altar'
pel grande ideal dell'anarchia!
Il politicante che promette ogn'ora
è un vile menzogner mai sazio di poter'
Leggi sopra leggi e (...) fin'ora
sol' per affamarti e farti massacrar'
Giura fede al re, non si cura di te
spergiuro e mentitore uomo senza cuor'
Ministri e senator', deputati e signor'
crudeli son' con noi, del lor già son gli eroi
Sorgiam, sorgiam, sorgiamo!
Orsù lavorator, che spunta già l'albor
il dritto affermiamo all'esistenza
e dell'avvenir il sole splenderà
d'indipendenza!
Popolo oppresso da quest'orda infame
Vano il tuo ciarlar impugna orsù l'acciar
Vittima sei sempre delle inique brame
mistificator che ti dicon "malfattor"
Non devi più servir, non devi più soffrir
è questo l'ideal, lo scopo tuo final
Per te sarà l'onor, la gioia, lo splendor
se da oggi in poi combatterai con noi
Sorgiam, sorgiam, sorgiamo!
Orsù lavorator, che spunta già l'albor
il dritto affermiamo all'esistenza
e dell'avvenir il sole splenderà
d'indipendenza!
* * * * * * * *
SIAM DEL POPOLO GLI ARDITI (canto anti-fascista)
Siam del popolo gli arditi
contadini ed operai
non c'è sbirro non c'è fascio
che ci possa piegar mai.
E con le camicie nere
un sol fascio noi faremo
sulla piazza del paese
un bel fuoco accenderemo.
Mussolini traditore
parla di rivoluzione
però ammazza i proletari
col pugnale del padrone.
Siam del popolo gli arditi
contadini ed operai
non c'è sbirro non c'è fascio
che ci possa piegar mai.
E con le camicie nere
un sol fascio noi faremo
sulla piazza del paese
un bel fuoco accenderemo.
Ci dissero ma
cosa potremo fare
con gente dalla
mente tanto confusa.
E che non avrà
letto probabilmente
neppure il terzo
libro del Capitale.
Neppure il terzo
libro del Capitale.
Siam del popolo gli arditi
contadini ed operai
non c'è sbirro non c'è fascio
che ci possa piegar mai.
E con le camicie nere
un sol fascio noi faremo
sulla piazza del paese
un bel fuoco accenderemo.
Portammo il
silenzio nelle galere
perché chi stava
fuori si preparasse.
E in mezzo alla
tempesta ricostruisse
un fronte proletario
contro il fascismo.
Un fronte proletario
contro il fascismo.
Siam del popolo gli arditi
contadini ed operai
non c'è sbirro non c'è fascio
che ci possa piegar mai.
E con le camicie nere
un sol fascio noi faremo
sulla piazza del paese
un bel fuoco accenderemo.
Ci siamo ritrovati
sulle montagne
e questa volta
nostra fu la vittoria.
Ecco quello che
mostra la nostra storia
se noi siamo divisi
vince il padrone.
Se noi siamo divisi
vince il padrone.
* * * * * * * *
SE NASCE L'ANARCHIA
Se nasce l'anarchia
un bel pranzo s'ha da fà
tutto vitello e manzo
se duvimo da magnà
Un frittarel di monache
preti e frati spezzati
l'ossa de 'sti maiali
ai cani s'ha da dà
le chiese son botteghe
i preti son mercanti
vendono madonne e santi
a noi ce se credono
vecchi poveri e ignoranti.
* * * * * * * *
8 APRILE 1887
Quel mattino dell'otto d'aprile
La banda del Maltese
Entrava a Letino
Bandiera rossa e nera
Strade deserte, polvere bianca,
occhi che spiano
dietro le tende
Aveva gli occhi blu del mare
Veniva dalla città,
nella piazza polverosa
parlò di libertà
Strade deserte,
polvere bianca,
orecchie attente
di gente stanca.
* * * * * * * *
A FABRIANO L'HAN FATTA GROSSA
L'anarchia è una grande idea
Vuole la pace e la fratellanza
Vuole che siano tutti fratelli
Vuole il riscatto de' sti ribelli
Ma a Fabriano l'han fatta grossa
Se la son presa con Pietro Gori
Gli hanno tirato tanti bicchieri
Gli hanno tirato i pomodori.
Ma i pomodori fanno la spia sono il puntello della borghesia.
E gira,gira, gira la ruota
la ruota del trentuno
a morte preti e frati
viva Giordano Bruno
* * * * * * * *
ALLA MATTINA PRESTO SUONAN LE CAMPANE
E alla mattina presto suonan le
campane
Ora è giunta l'ora dell'esecuzione
E tutte le vie sono parate in nero
Or la morte di Caseario sarà davvero.
E il presidente allor chiese a Caseario
Or dimmi te tu conosci i tuoi compagni
Si si io li conosco ma non vi dirò chi sian
Presidente faccio il fornaio e non la spia
Il presidente allor chiese a Caseario
Or dimmi se tu conosci questo pugnale
Si si che io lo conosco al manico dorato
Nel cuore di Carnot è penetrato
* * * * * * * *
BATTAN L'OTTO
(Questo canto si riferisce probabilmente agli scioperi del 1907 delle acciaierie di Terni)
Battan l'otto ma saranno le nove,
i miei figlioli ma son digiuni ancora
ma viva il coraggio, ma chi lo sa portare
infame società, dacci mangiare.
Viva il coraggio, ma chi lo sa portare
l'anarchia la lo difenderebbe
ma viva il coraggio, ma chi lo sa portare
i miei bambini han fame, chiedono pane.
Anch'io da socialista mi voglio vestire
bello gli è i' rosso, rosse son le bandiere
ma verrà qui' giorno della rivoluzione
infame società, dovrai pagare.
Verrà qui' giorno della rivoluzione,
verrà qui' giorno che la dovrai pagare
ma verrà qui' giorno della rossa bandiera
infame società, dovrai pagare.
Bella è la vita, più bello gli è l'onore
amo mia moglie e la famiglia mia
ma viva i' coraggio, ma chi lo sa portare
infame società, dacci mangiare.
Dei socialisti è pieno le galere,
bada governo, infame maltrattore
ma verrà qui' giorno della rivoluzione
infame società, dovrai pagare.
* * * * * * * *
CASERIO PASSEGGIAVA PER LA FRANCIA
Caserio passeggiava per la Francia
incontrò la carrozza del Presidente
monta sulla carrozza col mazzolino rosso
«È questo il pugnale che ti darà la morte".
Il presidente interrogò Caserio:
«E dimmi Caserio chi sono i tuoi compagni».
«I miei compagni sono dell'anarchia
ed io faccio il fornaio e non la spia».
Il presidente interrogava Caserio:
«E dimmi Caserio chi credi d'esser davanti».
Caserio gli risponde con poca soggezione:
«Io so che sono davanti a un palandrone».
Quando Caserio vide la ghigliottina
con una mano lui si levò il cappello
saluta i compagni suoi e andò al macello.
La madre di Caserio forte piangeva
vedendo il suo figlio alla tortura.
«Se sei una vera anarchica non devi aver paura
se anche il figlio tuo è alla tortura».
«Boia dammi da bere che tengo sete
e dammi della marsala del vermut buono
e dammi del vino rosso quello che io langue
e quando mi taglierai la testa boia darò più sangue».
Quando il boia viene da Torino
e chiede dove è andato l'assassino
Caserio gli risponde con voce lesta
«Mi salterà via la testa ma il pensiero resta».
* * * * * * * *
FRATELLI PUGNAMO FORTI
Su fratelli pugnamo da forti
Contro i vili tiranni borghesi
Ma come fece Caseario e compagni
Che la morte andiedero a incontrà
Non vogliamo più servi e padroni
L'eguaglianza sociale vogliamo
Ma quelle terre che noi lavoriamo
A noi tutti le spese ci fa
La mia testa schiacciatela pure
Disse Caseario agli inquisisi suoi
Ma l'anarchia e più forte dei tuoi
Presto presto schiacciarvi dovrà
* * * * * * * *
ADDIO COMPAGNI ADDIO (CANTO DEI COATTI)
(composta da Pietro Gori nel 1896)
Addio compagni addio
sorelle spose e madri.
La società dei ladri
ci ha fatto relegar
sepolti in riva al mar!
Siamo coatti e baldi
per l'isola partiamo
e non ci vergognamo
perché questo soffrir
è sacro all'avvenir.
Ma la sublime idea
che il nostro cor sorregge
sfida l'infame legge
che ai cari ci strappò
e qui ci incatenò.
A viso aperto i diritti
al popolo insegnammo
e a liberar pugnammo
da tanta iniquità
l'oppressa umanità.
Sognammo una felice
famiglia di fratelli
perciò fummo ribelli
contro ogni sfruttator
contro ogni oppressor.
Vedemmo l'alba immensa
delle speranze umane
lottammo per il pane
e per la libertà
contro ogni autorità.
Vi giunga o plebi ignare
da questa fossa infame
del freddo e delle fame
sdegnoso incitator
quest'inno di dolor.
O borghesia crudele
tu non ci fai paura
la società futura
per la tua gran viltà
te pur condannerà.
Ma voi lavoratori
voi poveri sfruttati
per questi relegati
rei di bandire il ver
avrete un pio pensier.
Addio dolente Italia
d'illustri ladri ostello
di tresche ree bordello
stretti alla nostra fé
oggi partiam da te.
Ma un dì ritorneremo
più fieri ed implacati
finché rivendicati
non sieno i diritti ancor
di ogni lavorator!
Straziate o sgherri vili
le carni e i corpi nostri
ma sotto i colpi vostri
il cor non piegherà
l'idea non morirà.
* * * * * * * *
L'INTERROGATORIO DI CASERIO
(composta nel 1894)
Entra la corte.
esamina il Caserio
e gli domanda se si era pentito:
" Cinque minuti m'avessero dato, un altro presidente avrei ammazzato ".
" Lo conoscete voi
questo pugnale? ".
" Sì, lo conosco,
ci ha il manico arrotondo:
nel cuore di Carnot
l'ho penetrato a fondo ".
" Li conoscete voi vostri compagni? ". "Sì, li conosco, io son dell'anarchia:
Caserio fa il fornaio
e no la spia ".
Alla