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A cura del sig. Michele Bovi

 

GLI ANTENATI DEL VIDEOCLIP


Il videoclip non è nato a New York, né a Hollywood. E' nato a Cologno
Monzese, a nord di Milano, nel gennaio del 1959. Gli studi di
realizzazione erano quelli di Cinelandia, il regista Enzo Trapani
(pietra miliare dell'intrattenimento televisivo della prima Rai), i
produttori due fratelli milanesi: Angelo e Giovanni Bottani. La prima
pellicola musicale a colori, girata in 16 millimetri, ebbe come
protagonisti Peppino Di Capri e i suoi Rockers: il brano s'intitolava
"Come è bello", una marcetta composta da Renato Rascel, durata 3
minuti scarsi. L'azienda degli intraprendenti Bottani Brothers si
chiamava SIF (Società Internazionale di Fonovisione, sita  in Corso
Matteotti al numero 8 a Milano)  e nei successivi  60 giorni realizzò
altri 39 filmati : con Renato Rascel ("Arrivederci Roma") , con
Domenico Modugno ("L'uomo in frack") e poi Marino Marini, Gino
Corcelli e altri interpreti dagli improbabili nomi anglosassoni:
Sandy, Vera Nepy, Ronie Okens.


L'ESORDIO ALLA FIERA DI MILANO
Un'attività frenetica, una corsa contro il tempo per confezionare le
40 pellicole necessarie al corretto funzionamento del Cinebox,
apparecchio rivoluzionario il cui debutto era atteso per fine marzo
alla Fiera di Milano. Il Cinebox, juke-box ad immagini, era stato
brevettato con il nome di "fonografo visivo" dall'ingegner Raffaello
Nistri per l'azienda bresciana Ottico Meccanica Italiana: somigliava
al Soundie,  un riproduttore di suoni e immagini che aveva avuto vita
breve negli anni 40 in America con filmati in bianco e nero di
jazzisti come Louis Armstrong e Billy Eckstein, ma godeva di una
meccanica assolutamente inedita e di un innovativo sistema di
selezione automatica. Funzionava con monete da 100 lire: una moneta
per un filmato (mentre l'ormai affermato cugino  juke box con 100 lire
consentiva l'ascolto di 3 canzoni). Alla Fiera di Milano i fratelli
Bottani illustrarono l'operazione: in fabbrica erano pronti 500
apparecchi da collocare nei migliori esercizi della penisola, con
l'impegno di distribuirne 4.000 in due anni al ritmo di 500 per
trimestre. I filmati venivano realizzati a spese delle case
discografiche (costo dalle 600 mila al milione ciascuno) , mentre alla
SIF spettava il costo della "tiratura" delle pellicole.


POOL DI DISCOGRAFICI
 Il pool di aziende del disco coinvolte nell'operazione comprendeva
RCA italiana, Titanus, Curci, Ricordi, Messaggerie Musicali, Leonardi,
Stereo e Conelly. L'obiettivo era di affiancare negli esercizi
pubblici al juke-box, già buon veicolo di promozione  del mercato
della canzone - che l'anno prima con "Nel blu dipinto di blu" aveva
iniziato decisamente a lievitare – un nuovo strumento di divulgazione,
stavolta audio-video, per supplire all'esiguo spazio concesso dalla tv
di stato alle iniziative musicali. La SIF vendeva ciascun Cinebox coi
suoi 40 filmati al prezzo di 1 milione e mezzo: unico acquirente, per
contratto, era l'azienda marchigiana Farfisa che a sua volta vendeva
gli apparecchi ai subconcessionari di zona che si accordavano con gli
esercenti per il noleggio. L'apparecchio non riscosse il successo dei
pronostici: ne vennero distribuiti non più di mille. Colpa delle
pellicole che si spezzavano frequentemente e che gli addetti alla
manutenzione non riuscivano a riparare con le necessaria tempestività.
Gli esercenti erano furibondi: mentre gli apparecchi restavano in
panne per periodi più o meno lunghi loro dovevano comunque riconoscere
alla SIAE  il balzello giornaliero di 500 lire.


LE PRIME IMMAGINI SEXY
In compenso il Cinebox piaceva ai giovani: quei filmati a colori
avevano almeno tre caratteristiche particolarmente attraenti:
rivelavano l'aspetto dell'artista fino ad allora conosciuto solo
attraverso le copertine dei dischi, mostravano coreografie utili ad
imparare i passi dei balli alla moda (cha-cha-cha , twist,  madison,
hully gully) con l'impiego malizioso di ballerine sempre in
abbigliamento molto sexy, quindi in vincente concorrenza con i
castigatissimi modelli Rai. Quando alla fine del 1964 la SIF chiuse i
battenti (i fratelli Bottani persero la vita in un incidente
automobilistico nell'ottobre di quell'anno) negli studi di Cologno
Monzese erano stati realizzati poco meno di 700 filmati. Tutti i
protagonisti del boom del 45 giri erano passati in quei cinque anni
per gli studi di Cinelandia, da Gianni Morandi a Fausto Leali, da Gino
Paoli a Mina, da Adriano Celentano a Sergio Endrigo,  comprese alcune
popstar americane come Paul Anka e Neil Sedaka che avevano registrato
pellicole per il Cinebox interpretando brani nella nostra lingua.

LELOUCH PER BREL E HALLYDAY
Un anno dopo la comparsa del Cinebox, esattamente il 14 aprile del
1960, il Salone fieristico di Parigi tenne a battesimo lo Scopitone,
un apparecchio analogo che conteneva 36 filmati. A costruirlo era
l'azienda CAMECA di Courbevoie su progetto dell'ingegner Frédéric
Mathieu, che affidava la  produzione delle pellicole ad Andrée
Davis-Boyer, una cineasta  parigina che coinvolse nell'operazione
registi destinati a diventare celebri come Claude Lelouch , Alexandre
Tarta e Pierre Cardinal. Le prime 36 pellicole furono girate con tre
cantanti molto in voga nella Francia di fine anni '50: Gloria Lasso,
Anne Cordy e Georges Ulmer. Ma molto presto il repertorio si arricchì
con tutti  gli artisti della nuova generazione: dai cantautori Jacques
Brel, Aznavour, Becaud e  Serge Gainsbourg agli idoli dei giovani
Johnny Hallyday,  Richard Anthony, Michel Polnareff, Dalida, Sylvie
Vartan.  Lo Scopitone ebbe un successo assolutamente superiore a
quello del Cinebox tanto da sbarcare nel 1962 negli Stati Uniti.

FORD COPPOLA, ALTMAN  E COSA NOSTRA
A investire nell'operazione Scopitone in America furono in tre: a New
York un giovane Francis Ford Coppola acquistò i diritti per realizzare
filmati e commercializzare l'apparecchio; fece altrettanto a Los
Angeles l'attrice Debbie Reynolds (interprete del primo filmato messo
in circolo  negli USA con la canzone "If I had a hammer", che in
italiano divenne un successo di Rita Pavone, "Datemi un martello") ;
alla costruzione dello Scopitone americano e alla sua distribuzione e
manutenzione negli States provvidero invece un paio di aziende legate
a  Cosa Nostra. Tra i registi chiamati a realizzare le pellicole
canterine anche Robert Altman. Tutti gli assi americani del juke box
dell'epoca diventarono protagonisti di filmati per il nuovo
apparecchio: dai figli di Sinatra, Nancy e Frank Junior, a Timi Yuro,
Buddy Greco, Peggy Lee, Jodi Miller, Herb Alpert. Ma fu il terzo
"socio", Cosa Nostra, a creare problemi all'ulteriore diffusione
dello Scopitone. Le aziende finirono nel mirino della Commissione
antimafia presieduta da Bob Kennedy e il juke-box ad immagini
americano entrò in crisi a metà degli anni '60 per poi chiudere
definitivamente i battenti nel 1969.

I "LUNGHI" INEDITI  DI  MORANDI E BAGLIONI
Falliti gli italiani e gli americani, rimase sulla piazza soltanto lo
Scopitone francese che, sempre sotto la direzione artistica della
signora Andrée Davis-Boyer, riuscì a sopravvivere fino al 1978
esportando molto nei paesi africani francofoni e realizzando là
numerose pellicole interpretate da cantanti nordafricani. In Italia
meritano una segnalazione due lungometraggi  realizzati dal regista
Rai Pompeo De Angelis: il primo "Scappo per cantare" del 1971,  con
Gianni Morandi, Donatello, Mauro Lusini e il gruppo femminile Voci
Blu,  proponeva in una chiave sorprendentemente surreale le tappe
fondamentali della carriera di Morandi, da "In ginocchio da te" a "Al
bar si muore"; il secondo "Gira che ti rigira amore bello" del 1973
illustrava il primo omonimo album di Claudio Baglioni, tra scenette
bucoliche e timidi incontri d'amore fino al rogo della Camilla,
l'autovettura "2 cavalli" del cantautore. Si tratta di due film che
sembrano apparentati coi  "musicarelli" degli anni '60,  ma che
sostanzialmente anticiparono le caratteristiche innovative dei
videoclip che, in quanto tali,  erano prossimi alla nascita.  Sia
"Scappo per cantare" che "Gira che ti rigira amore bello"  furono
vittime di un curioso destino: rimasero  inediti. Quello di Morandi
per scelta: giudicato troppo eccentrico per il pubblico dei
telespettatori Rai dell'epoca, e quello di Baglioni venne addirittura
smarrito la sera precedente alla messa in onda. Soltanto alcune
sequenze dei due film sono state mostrate in tv  circa 30 anni dopo,
grazie al ritrovamento e alla ricostruzione dei negativi ad opera
dell'autore di questo articolo assieme al regista originale dei film
Pompeo De Angelis.

VIDEOCLIP, PRIMA I QUEEN POI LUCIO
Era già tempo di telecamere e le pellicole a 36 mm si approssimavano
alla pensione, soprattutto per  il mercato della canzone. La
definizione videoclip nacque con MTV nel luglio del 1981, ma la prima
canzone sceneggiata in video dell'era post pellicola è  del 1975,
"Bohemian Rapsody" dei Queen  con la direzione di Bruce Gowers. Un
anno dopo il regista Ruggero Miti assieme al fotografo Cesare Monti
Montalbetti realizzarono il primo videoclip italiano del nuovo corso:
"Ancora tu" con Lucio Battisti che corre nei boschi della Brianza,
scivola  in una pozzanghera di fango e si rialza senza mai smettere di
sorridere. Cinebox e Scopitone rinascono negli anni '90, si chiamano
Laser Juke-Box , domiciliati perlopiù  nelle sale giochi per ragazzi:
contengono 50 selezioni di laser-disc ma sono gli stessi videoclip che
passano ripetutamente in tv. Una noia terrificante. Volete mettere con
Peppino Di Capri e i suoi Rockers?!


Michele Bovi
(per gentile concessione di VivaVerdi , la rivista della Società
Italiana degli Autori e degli Editori)